Un resoconto, necessariamente, in otto punti.
1. Nell’inverno del 2011 mi sono intrufolato in un locale del quartiere San Lorenzo, a Roma. C’era molta gente e io non conoscevo nessuno. Sul palco, davanti a un microfono, otto persone hanno letto a turno un proprio racconto. Alla fine di ogni lettura quattro giurati hanno espresso il loro giudizio, prima con un voto secco, con tanto di paletta numerata, e poi in modo più articolato, a voce, e in alcuni casi in modo graffiante all’insegna della critica costruttiva. Quando tutti gli otto hanno letto, anche il pubblico è stato chiamato a esprimere un giudizio per alzata di mano. Alla fine i giurati hanno calcolato i voti ed è stato decretato il vincitore.
2. Ciò a cui avevo appena assistito era una serata di 8×8 un concorso letterario dove si sente la voce, organizzato dallo Studio Oblique e giunto, nel 2013, alla sua quinta edizione. La formula continua a essere la stessa: otto i concorrenti ammessi a ogni serata, 8000 le battute massime consentite per ogni racconto, otto i minuti concessi per la lettura. Di quella sera ricordo i bicchieri di vino bevuti al bancone e i miei occhi impegnati a scrutare uno spettacolo per me nuovo. Mi è subito piaciuto il fatto che lo scrivere, e poi il leggere – attività che solitamente si fanno in solitudine – erano diventate l’occasione per un evento pubblico e che questo si svolgesse nell’atmosfera rilassata e informale di un bar. Negli occhi delle otto persone che hanno letto ho visto un mix di paura, emozione, timidezza, orgoglio e in qualche caso anche spavalderia. Avere la possibilità di leggere un proprio brano in pubblico e di beneficiare del giudizio di “addetti ai lavori” non è cosa che capita spesso. Verso fine serata cresceva in me il desiderio di provare a farne parte.
3. Per partecipare bisogna spedire un proprio racconto inedito seguendo le modalità indicate nel sito del concorso. Un gruppo di lettori esterni leggeranno i racconti in forma anonima e selezioneranno di volta in volta gli otto da ammettere alle serate. I giudici delle serate sono “addetti ai lavori”, il che significa scrittori, editor, persone che lavorano in case editrici – ogni serata vede anche la partecipazione di una casa editrice madrina. Nel 2012 ho voluto partecipare ma il mio racconto non è stato selezionato. Nel 2013 ci ho riprovato e questa volta, con grande piacere, ho ricevuto l’email di convocazione alla terza serata.
4. Il racconto che ho inviato si intitola Gunkanjima e ha avuto una genesi che mi piace condividere. Circa un anno fa sono stato al MAXXI di Roma e, tra le varie installazioni, in una stanzetta semi nascosta, sono stato letteralmente folgorato dalle immagini che venivano proiettate su un muro – il sonoro era costituito esclusivamente dal rumore del vento. A lato, un pannello con una breve nota esplicativa. Le immagini si riferivano a Hashima, una minuscola isola a ovest della costa giapponese, un’isola che per quasi un secolo è stata teatro di un folle esperimento. Da quando è stato trovato il carbone l’isola è diventata una cittadella di minatori, di gente che viveva in condizioni disumane in casermoni di cemento stipati uno sull’altro. La storia e le immagini mi hanno colpito a tal punto che ne ho voluto sapere di più. In rete è stato facile reperire molte informazioni e subito ho anche sentito il desiderio di volerne scrivere, di voler provare a fare un esperimento: narrare di un evento storico sociale realmente esistito usando la forma del racconto. Così è nato Gunkanjima.
5. Il mio entusiasmo per quella vicenda cupa, triste e disumana era tale che quando sono stato chiamato a leggere il racconto – sul palco dello stesso locale a San Lorenzo – mi sono sentito stranamente felice. Non ho provato particolare imbarazzo e non mi sentivo teso. Ero contento, nel mio piccolo, di contribuire a dar voce a quell’isola costretta al silenzio per decenni. Tutto questo, chiaramente, lo sapevo solo io. Dal punto di vista del concorso le cose sono andate bene: ho letto, i giudici hanno votato, hanno mosso alcune critiche che ho ascoltato con interesse e alla fine il mio racconto è risultato il vincitore.
6. Il regolamento del concorso prevede che i vincitori di ogni serata vengano affiancati da editor professionisti per migliorare il proprio testo in preparazione della finale al Salone del Libro di Torino. Nel mio caso, anche se il lavoro con la mia editor è stato reso più difficile da questioni logistiche – abbiamo potuto comunicare solo via email – quello scambio mi è stato di grande aiuto, non solo perché il racconto ne è uscito molto migliorato ma anche perché, per la prima volta, ho avuto modo di confrontarmi con l’editing di un mio testo. Ho preso coscienza del valore di quella fase e mi sembra di aver sviluppato una convinzione più precisa su quali siano, a mio parere, i requisiti per un lavoro di editing efficace.
7. La finale di Torino si è svolta con la stessa dinamica: letture seguite dai voti e dai commenti dei giurati e poi la parola al pubblico. Dopo ore passate in quei gironi infernali che sono i padiglioni della fiera, la finale di 8×8 è stato un momento nel quale il silenzio e l’atmosfera più raccolta mi hanno aiutato a concentrarmi e a riflettere su questa nostra voglia di cristallizzare i pensieri e metterli nero su bianco. Grazie a 8×8 abbiamo anche avuto la possibilità di poterli esprimere a voce e ricevere un feedback immediato. Ciò che rimane di quella sera, e della quinta edizione di 8×8, sono i racconti che potete leggere qui, qualche foto, e la consapevolezza che 8×8 sia un concorso unico e che la sua formula vincente si sia ormai consolidata negli anni,
8. L’ultimo punto soltanto per dire: 8×8 sta per tornare, partecipate! Mandate un racconto o semplicemente accomodatevi al bancone e seguite le serate, in ogni caso sarà qualcosa della quale non vi pentirete.
5 thoughts on “8×8”
Che bell’articolo e che gran bella iniziativa! Il bando di concorso per la nuova edizione è già disponibile? GRAZIE.
Grazie a te. Segui il sito di 8×8, immagino il bando esca tra non molto.
Mercato di bestiame, niente di più.
mercato? bestiame? potresti elaborare il concetto? magari con un’esperienza diretta.
Non sono per nulla d’accordo!