Gary Snyder


Qualcuno ha scritto che il modo migliore per parlare di Gary Snyder sarebbe di stare zitti. È una figura talmente zen che si ha sempre l’impressione che qualsiasi frase avrebbe comunque un valore minore del silenzio.

E qui il mio post potrebbe finire. Avete nome, cognome, foto: andate e cercate.

Solo che la mia ammirazione per la persona, ancor prima che per il poeta, è tale che voglio continuare, e lo faccio iniziando da Jack Kerouac. Avete presente il suo romanzo I vagabondi del Dharma ? Vi ricordate il co-protagonista (insieme a Ray Smith, alter ego di Kerouac)? Bene, il personaggio Japhy Ryder è, per stessa ammissione di Kerouac, fortemente ispirato a Gary Snyder. Questo spiega perché Snyder viene comunemente associato al gruppo di scrittori e poeti beat. Ma non è la sola ragione: il 7 ottobre 1955, quando si tenne il Six Gallery reading a San Francisco, evento che sancì l’inizio della beat generation, Gary Snyder c’era. Dopo Philip Lamantia, Michael McClure, Philip Whalen e Allen Ginsberg (che lesse per la prima volta una parte di “Howl”, scritta poche settimane prima e che rimarrà una delle opere più importanti della beat generation), Snyder lesse la sua poesia “A berry feast”. Per la cronaca, Kerouac era presente ma declinò l’invito a leggere qualcosa di suo. Si diede da fare invece come animatore e organizzò una colletta fra il pubblico e per acquistare tre bottiglioni di California burgundy.

E così, il mattino seguente, San Francisco si svegliò con la consapevolezza che era successo qualcosa di importante. Da quel giorno i poetry reading vengono riconosciuti come eventi culturali e ne vengono organizzati ogni sera nella Bay Area ma anche in tutti gli Stati Uniti.

Nel mezzo di tutto quell’entusiasmo e frenesia creativa, Snyder, seguendo la sua indole solitaria, parte per il Giappone (dove rimarrà per dieci anni) e diventa l’assistente personale di un maestro Zen presso il tempio  e Shokoku-ji a Kyoto. Per tutto il primo anno – racconta Snyder – il mio compito era quello di cucinare colazione e cena per lui e di insegnargli inglese. Nel frattempo studiavo giapponese e meditavo per quattro o cinque ore al giorno.

Gary Snyder e Allen Ginsberg

Ma facciamo un passo indietro. Gary Snyder nasce nel 1930 a San Francisco e subito si trasferisce con la sua famiglia in una fattoria vicino a Seattle. Fin da piccolo gli piace leggere, scalare montagne e avventurarsi nel bosco, e non solo nel senso di andare a fare escursioni. Gli piaceva inoltrarsi nel bosco e starci per parecchi giorni di fila. All’università frequenta corsi di antropologia e letteratura e poi, nel 1953, va a Berkeley per studiare lingue orientali. In quel periodo inizia a  tradurre  poesie dal cinese a dal giapponese. Dopo il periodo beat si trasferisce in Giappone, continua la sua formazine buddista, lavora come traduttore e inizia a pubblicare i suoi primi lavori. All’inizio degli anni ’70 torna in California e da allora vive nelle montagne della Sierra Nevada in una casa che si è costruito da solo, in piena armonia con la natura circostante. Da molti anni è  anche docente  all’ università UC Davis.

Ripercorrendo la vita di Snyder emergono tre mondi che lo hanno accompagnato durante tutta la sua esistenza: il buddismo, il rispetto per il mondo naturale, e la poesia. Nel suo caso, il risultato è maggiore della somma delle parti. Questi tre mondi si mischiano, si influenzano e appare evidente che l’uno non possa esistere senza la presenza degli altri due. Snyder ha raggiunto la notorietà come poeta (ha pubblicato più di venti libri fra raccolte di poesie e saggi che sono stati tradotti in tutto il mondo e ha ricevuto il Pulitzer Prize for Poetry nel 1975), ma la sua poesia non sarebbe stata la stessa se non si fosse nutrita della sensibilità buddista e dell’ attenzione alla natura, interpretata nel suo significato più profondo.

Snyder è considerato uno dei padri dell’ecologia profonda (ecologia vissuta in prima persona con estrema semplicità) e anche uno dei massimi ispiratori dell’idea di bioregionalismo.  Il bioregionalismo si contrappone ai confini creati artificialmente dalla politica e si basa sull’idea di una “famiglia ecologica d’appartenenza” (che comprende anche piante, alberi, uccelli, fiumi) e di regioni naturali che in molti casi corrispondono ai bacini idrografici. Gli abitanti di una bioregione non si distinguono per etnia o backgroud culturale, ma perché si riconosco parte dell’area dove vivono. Quando gli viene chiesto che cosa si potrebbe fare per “salvare il mondo”, Snyder risponde che una delle prime cose da fare sarebbe di stare fermi, non nel senso di non viaggiare, ma nel senso di fare tutto il possibile per essere autosufficienti e preservare il luogo nel quale si vive.

Della poesia di Snyder è stato scritto che “se la mano di un carpentiere potesse parlare avrebbe la voce di Snyder e se Buddha si avventurasse nel bosco, anche lui avrebbe la voce di Snyder”. La tendenza alla meditazione traspare in ogni sua poesia, anche quando scrive di elementi naturali o del lavoro manuale. Snyder pone la stessa attenzione dovuta a un rituale Zen anche quando scrive poesie sul riparare il motore di un’ auto o sul tagliare la legna o preparare un pasto. Si esprime con frasi semplici, attingendo dal linguaggio parlato e con un forte senso del ritmo e delle assonanze. Le poesie di Snyder esprimono il suo amore e rispetto per il mondo primitivo, la vita in simbiosi con la natura, la contemplazione, la comunità, ma anche il lavoro manuale: le cose semplici. La grande abilità nel trasmettere la natura fisica del momento, dell’azione compiuta in un preciso istante, è certamente figlia della sensibilità Zen: unione fra pensiero e azione.

Alcune poesie di Gary Snyder si possono trovare qui. Questa per esempio si chiama After Work.

After Work

The shack and a few trees
float in the blowing fog

I pull out your blouse,
warm my cold hands
on your breasts.
you laugh and shudder
peeling garlic by the
hot iron stove.
bring in the axe, the rake,
the wood

we’ll lean on the wall
against each other
stew simmering on the fire
as it grows dark
drinking wine.

Per conoscere il mondo di Gary Snyder consiglio questo libro (in inglese): The Real Work: Interviews and Talks (1964-1979) che va in coppia con questo: Earth House Hold.  Entrambi sono libri di prosa (interviste e saggi).

In Italiano sembrano essere disponibili:
Ritorno al fuoco – Ecologia profonda per il nuovo millennio – Coniglio Ed.  e L’isola della Tartaruga– Stampa alternativa Ed.

Altre pubblicazioni in italiano (da verificare l’attuale disponibilità):

  •  Il ritorno del fuoco. Natura passione poesia – Gli Occhiali Nuovi Ed. 2008
  • Ri-abitare nel grande flusso – Arianna Ed. 2001
  • Nel mondo selvaggio. Andata e ritorno tra i luoghi incontaminati della natura in cerca della natura incontaminata dell’uomo – Red Ed.1992
  • La grana delle cose – EGA-Ed.Gruppo Abele 1987

3 thoughts on “Gary Snyder”

  1. Ci sono voci che giungono, attraverso la carta stampata, e per via di assonanze biografiche, anzi bioregionalistiche (splendida definizione), sembrano esserci intimamente vicine. Snyder è una di queste, per me. Hai ragione, il buddismo, l’amore per la natura e la poesia sono fili che s’intrecciano, nella sua vita e nell’arte. Non ho esperienza di buddismo, se pure il Giappone mi attragga, ma le mie radici sono nella provincia, nel backcountry (con accezione americana). Anch’io, per qualche intensa estate, ho lavorato nei boschi. Le esperienze precoci di natura incontrollabile, che quasi soffoca se non c’è altro intorno, per chilometri, restano impresse nella memoria.

    Due poesie ho ritrovato, di Snyder, che vorrei condividere. La prima contiene l’essenza degli anni che il poeta, che di vite ne ha intessute parecchie, ha trascorso nelle foreste del nord-ovest americano.

    Above Pate Valley

    We finished clearing the last
    Section of trail by noon,
    High on the ridge-side
    Two thousand feet above the creek
    Reached the pass, went on
    Beyond the white pine groves,
    Granite shoulders, to a small
    Green meadow watered by the snow,
    Edged with Aspen – sun
    Straight high and blazing
    But the air was cool.

    Ate a cold fried trout in the
    Trembling shadows. I spied
    A glitter, and found a flake
    Black volcanic glass-obsidian ―
    By a flower. Hands and knees
    Pushing the Bear grass, thousands
    Of arrowhead leavings over a
    Hundred yards. Not one good
    Head, just razor flakes
    On a hill snowed all but summer,
    A land of fat summer deer,
    They came to camp. On their
    Own trails. I followed my own
    Trail here. Picked up the cold-drill,
    Pick, singlejack, and sack
    Of dynamite.
    Ten thousand years.

    (1959)

    L’altra poesia parla di qualcosa che non tutti hanno trovato o salvato, in giovinezza: il primo, completo, frangibile amore. Snyder ha sposato la prima moglie a diciannove anni. Ci vogliono anni per ritessere la consapevolezza che quel che si ha avuto, brevemente, allora, era proprio quella cosa, rara – ‘what the others / all crave and seek for.’

    December at Yase

    You said, that October,
    In the tall dry grass by the orchard
    When you chose to be free,
    “Again someday, maybe ten years.”

    After college I saw you
    One time. You were strange.
    And I was obsessed with a plan.

    Now ten years and more have
    Gone by: I’ve always known
    where you were –
    I might have gone to you
    Hoping to win your love back.
    You still are single.

    I didn’t.
    I thought I must make it alone. I
    Have done that.

    Only in dream, like this dawn,
    Does the grave, awed intensity
    Of our young love
    Return to my mind, to my flesh.

    We had what the others
    All crave and seek for
    We left it behind at nineteen

    I feel ancient, as though I had
    Lived many lives.

    And may never now know
    If I am a fool
    Or have done what my
    karma demands.

    (1968)

  2. Ciao Emma,
    certamente Snyder offre innumerevoli spunti di riflessione e approfondimento, grazie per averne evidenziati altri. Noto con piacere che le nostre affinità letterarie, ma non solo, continuano a venire alla luce.
    Un caro saluto e spero a presto.
    Marco

  3. Pingback: Drop out « Country Zeb

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