Ogni tanto un racconto.
Questo parla di caffè, di Vietnam, di malattia e del fatto che a volte la presenza ha poco a che fare con la fisicità.
Un sentito grazie a flanerí !
questo è l’incipit.
La otto nera entrò in buca con un rumore secco e definitivo. Fu in quell’istante che gli venne in mente di parlarne con il consulente finlandese. Ogni venerdì sera, dopo il lavoro, giocavano a biliardo. Bevevano birra e giocavano. Avevano trovato una piccola sala nascosta dietro al teatro dell’opera: un posto semplice, gestito da una coppia di anziani con i quali non fu mai possibile andare oltre un cordiale scambio di sorrisi. Mentre riposizionava le biglie per una nuova partita, glielo chiese: C’è un lavoro da fare in Bangladesh, ci vuoi andare tu? Il consulente finlandese non rispose, si avvicinò al tavolo e strofinò il cubetto di gesso sulla punta della stecca. Giocarono ancora qualche partita poi si salutarono con un’umida stretta di mano. I loro volti lucidi di birra e sudore.
Questo succedeva una settimana dopo che sua moglie, al telefono, gli aveva detto che dovevano operarla, ancora una volta.
il racconto continua su flanerí.