C’è una certa grazia che pervade le pagine di Caffè Trieste-colazione con Lawrence Ferlinghetti di Olga Campofreda. E’ una grazia che esprime l’urgenza, la determinazione e l’entusiasmo dell’autrice che aveva un sogno: incontrare il suo mito. E allora ha preso ed è andata a incontrarlo.
E’ un entusiasmo che ti fa ricordare che è a vent’anni (o poco più) che si fanno le scelte migliori. Si nuota attraverso l’oceano, si solcano i cieli da un continente all’altro, si inseguono miti con una devozione pari forse solo a quella dei pellegrinaggi antichi. Accorgendosi poi, ad obiettivo raggiunto, che ciò che rimane sono le storie lungo la strada, più che i rituali all’interno del tempio.
Ed è questa predisposizione mentale che poi fa succedere le cose che non ti aspetti, ti fa fare incontri magici, incontri che ti cambiano. Caffè Trieste (il libro) è quindi diario di viaggio, reportage, cronaca di un incontro. Incontro che però non avviene subito, prima c’è il viaggio, prima ci sono le persone e c’è la città.
San Francisco è particolarmente generosa in fatto di magia. Se poi ci si spinge a North Beach e al Caffè Trieste, il risultato è assicurato. L’autrice ci fa partecipi del suo girovagare, spesso accompagnata da una pioggia torrenziale, nella Frisco di oggi e nella Frisco che è stata. Il quartiere Castro, Market street, la Mission dei chicanos, il Golden Gate (il ponte e il parco) la Coit tower, Haight & Ashbury, che l’autrice lascia con in testa la melodia di Sugar Magnolia, saltando al centro di tutte le pozzanghere che hanno il colore del sole.
E poi c’è il tempo: the coldest winter I’ve ever seen, was the summer I spent in San Francisco (M.Twain). La pioggia torrenziale non fa altro che aggiungere drammaticità al girovagare, non basta certo a scoraggiare l’autrice che, un passo dopo l’altro, comincia a prepararsi per l’incontro con il suo mito. Cosa avrei potuto dire a Lawrence una volta seduta accanto a lui? Da dove potrei mai cominciare? E anche, perché ho cosi’ urgente bisogno di incontrarlo?
La narrazione è scandita dagli incontri, si diceva, in primis con i poeti da bancone che si scambiano poesie scritte sul fondo di un piatto di plastica. Poeti di battaglia come Jack Hirschman e la sua Brigata dei poeti rivoluzionari, come Neeli Cherkovski e tanti altri. Un gruppo di persone che usano la poesia come strumento di comunicazione e sostegno per la rivoluzione favore dei diritti umani di uguaglianza e libertà. Liberare la poesia dall’introspezione di maniera e renderla un nuovo media.
Alla fine poco importa che l’incontro con lui, il mito, l’uomo con l’orecchino turchese e la barba bianca, ispida, che lo fanno sembrare un pirata, sia racchiuso in poche pagine tra un REC e un STOP REC del registratorino dell’autrice. L’incontro con Ferlinghetti è stato il suggello di un percorso che aveva già dato tanto all’autrice. Ancora prima di ascoltare il consiglio del suo mito: i giovani dovrebbero fare gli esploratori, la Campofreda si era già messa in viaggio, ed è questo ciò che più conta. L’entusiasmo di Caffè Trieste ti contagia perché infondo, per avere vent’anni (o poco più), non è mai troppo tardi.
[photo credit: qui]
2 thoughts on “Caffè Trieste – Olga Campofreda”
Molto bello, Marco. Mi ha fatto ricordare l’energia dei vent’anni, e la forza che spinge ad incontrare i propri modelli. Grazie.
E’ ciò che ho provato io leggendo il libro. Oltre al resto. Piacevole lettura. Il ringraziamento va a chi il libro l’ha scritto.