L’estraneo – Tommaso Giagni

Infreddata  trafittura  sciaguattavo  parannanza  sperdermi  guaiolare  squadernato  acquaio  sfranto  marrana  arricciolata  introgolo  bigonce  trinciazzato.

Queste alcune delle parole che mi sono segnato leggendo L’Estraneo di Tommaso Giagni.

Di Hemingway, Faulkner ha detto – Non risulta aver adoperato mai parola che costringesse il lettore a consultare il dizionario [fonte: Archivio Caltari]. Io sono sempre stato dalla parte di Hemingway ma leggendo il lavoro di Giagni ho provato un raro piacere incontrando parole che hanno portato un suono nuovo alle mie orecchie: un’insolita combinazione tra fonetica, immagine evocata e significato. Ma non sono solo le singole parole, sono le frasi intere, sono i sostantivi e i verbi che si scambiano di ruolo: tutto contribuisce a creare una lingua personalissima e ricca di invenzioni. A questo si aggiunge il dialetto romanesco che caratterizza i dialoghi ma che finisce per contaminare tutta la narrazione. Leggere L’Estraneo per me è stata innanzitutto un’esperienza uditiva.

E poi c’è la storia. L’estraneo è un io-narrante cresciuto nella Roma bene – grazie a un padre che ha trovato lavoro in una portineria – che sceglie di trasferirsi nella Roma delle borgate, ovvero in quei luoghi dai quali i propri genitori si sono emancipati. L’estraneo inizia a frequentare la periferia, la Roma delle palestre, delle sale scommesse, la Roma dove si parla il romanaccio impuro che anche lui inizia a inserire nelle sue frasi. Si trasferisce nell’appartamento di un ragazzo che si depila e ha la fissa della Ferrari, e cerca di raggiungere il suo sogno (possedere una Scaglietti) facendo il gigolò. Passano i mesi, entrano in scena i personaggi che l’estraneo ha scelto come compagni per la sua rinascita. Lo accompagnano una ragazza (che ha scelto un percorso simile al suo) e il ricordo di un’altra (che lo ha appena lasciato). Ma l’estraneo rimane appunto tale. Spaesato in entrambi i mondi. E allora l’Estraneo diventa il romanzo dello sdoppiamento, della non appartenenza e della ricerca ostinata di una identità. Temi cari, questi, a chi vive lo stesso sfasamento – ognuno con la propria geografia personale – a chi si sente in bilico tra due polarità inconciliabili.

Approfondimento: due interviste a Giagni, su Rivista Studio e Affari Italiani.

[L’immagine in alto è un frammento della copertina]

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