“L’unico modo per vivere a lungo e in salute è non fare nulla”. Questa frase che sembra riecheggiare le vibrazioni di una campana tibetana o che potrebbe essere uno slogan di John Lennon, è pronunciata da Ruggero Gargano, il protagonista di Rogozov, opera pubblicata da Mauro Maraschi per TerraRossa Edizioni.
È così che inizia uno dei monologhi di Gargano, un personaggio che per come si comporta sarebbe da starne alla larga, ma poi Gargano parla. In una lunga confessione ripercorre e analizza gli eventi della sua vita con la saggezza di chi non ha più niente da perdere perché ha già perso tutto: abbandonato dalla moglie e rassegnato all’incapacità di prendersi cura della figlia, la cui malattia aveva dato l’incipit alla sua maniacale follia del curarla seguendo metodi alternativi in opposizione alla medicina moderna.
Maraschi ci presenta Gargano creando una dicotomia grottesca e proprio per questo provocante e seducente. Si passa da scene e comportamenti deplorevoli: Gargano che vomita sul pavimento, minaccia ragazzini e ruba cellulari, a una serie di considerazioni lucide e avvalorate sulla vita e sulla morte, sui rapporti umani, sull’evoluzione dell’uomo, sul declino del mondo occidentale e sul rapporto con la medicina. Lezioni di vita impartite dal più improbabile dei maestri ed è questo contrasto stridente che attira l’attenzione del lettore. È proprio per questo motivo che riusciamo in qualche modo a voler bene a Gargano e sopratutto a credergli. È il suo porsi nudo e sconfitto che ce lo fa sembrare più vero.
Rogozov mantiene un ritmo incalzante con situazioni tragicomiche e colpi di scena. È tutto piuttosto esilarante, il che fa da contrappunto a un’atmosfera cupa e tragica, condita da numerosi riferimenti al mondo slavo (e relative bevande alcoliche) e a quelle tinte tipiche dei paesaggi dell’est europeo: colori smunti e un senso di ribellione autodistruttiva.
Fondamentali sono anche gli altri personaggi della vicenda, altrettanto inusuali, che contribuiscono a creare un canovaccio ben intrecciato e una narrazione solida che procede con un linguaggio a tratti sofisticato, che non vuol dire difficile ma preciso. Interessante l’uso di note (e appendici) disseminate nel testo come a tessere una ragnatela di approfondimenti che senza appesantire il testo spingono il lettore a voler andare oltre le pagine del libro stesso. Maraschi sembra avere una certa predilezione per la ricerca e con Rogozov è riuscito a sperimentare un approccio scientifico pur mantenendo la vivacità di un opera di narrativa.
Anche se Rogozov è il suo romanzo d’esordio, Maraschi ha all’attivo una nutrita serie di pubblicazioni: tra le tante il colossale lavoro di traduzione e curatela dei diari di Henry David Thoreau, “Io cammino da solo: Journal 1837-1861” Piano B Edizioni, 2020.
Rogozov è un’opera matura, profonda, divertente e caldamente consigliata.