In questa (bella) intervista, Marco Mancassola a un certo punto dice:
“a me sembra che scrivere un libro sia sostanzialmente girare e rigirare e rigirare quella storia talmente tante volte fino a quando la puoi guardare in trasparenza, fino a quando tutto è al posto giusto e solo a quel punto puoi avere la responsabilità di darlo in mano agli altri”.
Ecco: trasparenza. Parola che mi è girata in testa per alcuni giorni in relazione all’atto di scrivere e di leggere. Nella frase di Mancassola percepisco innanzitutto un grande rispetto per i lettori e per il suo lavoro come scrittore. Questa definizione dello scrivere un libro, a me che non sono scrittore, ha subito fatto pensare ad alcuni passaggi di libri che ho particolarmente amato. In effetti, ripensandoci, la parola trasparenza risulta essere la più adatta per esprimere la sensazione che ho provato. Non capita spesso, anche leggendo i migliori autori, ma quando capita, da lettore ci si sente in perfetta sintonia con i caratteri stampati che attraverso gli occhi raggiungono la mente e diventano parole, suoni, immagini, e pensieri. Mi sembra che sia una combinazione di aspetti grafici, sonori e semantici che, quando dosati alla perfezione, raggiungono quella trasparenza di cui parla Mancassola. Trasparenza come assenza di alcun tipo di disturbo, di attrito, di stridio. Come l’acqua a riposo in uno stagno ci fa vedere il fondo con limpida chiarezza, come se l’acqua non ci fosse. Da scrittore non ho voce in capitolo (ce l’avrei forse da scrivente) ma è una sensazione elettrizzante quando quelle dieci parole di una frase riescono a comunicare con esattezza quello che ci aveva trasmesso il cervello. E questo vale anche in contesti non narrativi: una frase d’amore per la fidanzata, un messaggio sul frigorifero per la moglie. Poche parole, pochi caratteri grafici, e la certezza di aver colpito al cuore (o almeno di averci provato).
Scrivo questo post dopo aver sfogliato il programma della fiera della piccola e media editoria Più libri più liberi che si svolgerà a Roma questa settimana. Come l’anno scorso ci andrò con interesse ed entusiasmo. Come l’anno scorso, temo, una parte di me si chiederà: ma serviranno poi tutti quei libri? Ricordo di aver provato una sensazione di soffocamento, non solo per il numero di persone ma anche per il numero di libri. E lo dice uno che ha un amore viscerale per la carta stampata. La parola servire forse non è la più indicata ma qual è allora il senso? Sono forse tanti piccoli sogni, oggi più che mai accessibili a un numero sempre più grande di persone. Una democratizzazione dell’atto di scrivere? Questa volta so già che aggiungerò un’altra domanda: quanti degli autori di tutti quei libri ha scritto seguendo il senso di responsabilità espresso da Mancassola? E qui a catena ci potrebbero stare tante altre domande, sugli autori, sugli editori, quelli seri, quelli meno seri, quelli che fanno pagare per pubblicare, quelli che pagano. Il discorso si infittisce e sto andando fuori tema o sto attorcigliandomi su questioni che richiederebbero altri tempi e altri luoghi per una discussione sensata. Rimane però il motivo primario che mi ha fatto iniziare questo post ovvero il concetto di trasparenza. La cercherò in quello che leggerò, la cercherò in quello che scriverò.
Per la cronaca: non ho ancora letto niente di Marco Mancassola, ma certamente lo farò.
2 thoughts on “Trasparenza”
Provo a consigliarti un libro: “Cose trasparenti”, di Nabokov. Lettura un po’ impegnativa, ma appagante.
Tac! un altro in lista. Grazie dei tuoi preziosi consigli.